"Po si zoqë t’kukuvacës / ndë një çerdhe të shkretuarë..." Studime mbi gjuhën, letërsinë dhe kulturën arbëreshe,
["Come nati di civetta in un nido abbandonato..." Studi sulla lingua, la letteratura e la cultura arbëreshe] (Tirana 2024).
La storia degli arbëreshë non è solamente una storia di diaspora, di spostamenti e di insediamenti, una storia di accoglienza e di inserimento nei contesti culturali dominanti che di volta in volta si andavano definendo. Alla mobilità degli uomini – legata in un primo momento alle dinamiche diasporiche che hanno segnato le prime vicende storiche delle genti albanesi e greche che dai vicini Balcani si sono spostate verso i territori dell’Italia meridionale, in Calabria e in Sicilia in particolare – segue quella delle idee, i cui movimenti restituiscono l’immagine di un ambiente culturale estremamente vivace. Pratiche legate alle fasi diverse che hanno caratterizzato per lunghi secoli la storia degli arbëreshë, dinamiche che restituiscono la fluidità delle esperienze identitarie di volta in volta maturate e insieme le profonde implicazioni ideologiche, politiche e culturali connesse al ruolo della religione nella costruzione delle solidarietà diasporiche. Identità costruite e negoziate, sviluppatesi entro un ecosistema etnico ancora fluido, quelle sperimentate per tutto l’età moderna dagli ambienti colti italo-albanesi, finanche ai primi decenni dell’Ottocento, e pertanto lontane dalle concezioni monolitiche che avrebbero connotato il nazionalismo tardo-ottocentesco. Nel quadro mobile che racchiude il pensiero degli ambienti colti delle colonie albanesi d’Italia emerge pertanto la labilità di una realtà movimentata da una ardimentosa azione di rinegoziazione identitaria che, se pure in più occasioni segnata da momenti di evidente ambiguità, restituisce le sollecitazioni diverse legate a quel processo di definizione e ridefinizione dei confini identitari funzionale all’inclusione nel contesto culturale dominante.
Guzzetta, Parrino, Chetta, Crispi e Camarda sono solo i nomi più noti dei protagonisti di questa lunga storia. Il ruolo svolto da queste dotte personalità per tutta l'età moderna non fu finalizzato solamente a garantire la sopravvivenza degli albanesi nel territorio italiano. L’attenzione di queste pie figure fu rivolta in più volte anche all’Oriente cristiano, e continuò a crescere in condizioni sempre più produttive, allorché più intensi e proficui divennero i rapporti, talora ideali talaltro assai reali e concreti, tra gli ambienti colti italo-albanesi e i territori del Vicino Oriente cristiano, la Grecia e l’Albania in particolare. Ed è proprio entro il binomio greco-albanese (o se più piace albano-greco), nella combinazione di due sentimenti, ora segnata da ripetuti attriti ora animata da tratti di naturale sinergia, che va ricondotto l’operato dei dotti siculo-albanesi fra Sette e Ottocento. Le loro idee animano le pagine di questo libro.
si ringrazia per il testo il
Prof. Francesco Scalora
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